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The Blue Print Press - Janine Raedts

 

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tel. +39 3200 5252 89

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Inventori di lettere

omaggio ad un tipografo di Nicola Dal Falco

Inventori di Lettere

 

Prima che al riassunto divino 

bastassero due lettere, 

all’alfabeto
mancava ancora qualche segno;

 

catturare il soffio
entro la grafia di un suono fu 

impresa umana, ispirata certo 

da un demone pratico
ed elegante;

 

uno spirito che vedesse 

nel lato acerbo delle cose 

la forza progressiva
del disegno, il movimento;

 

più che plasmare o battere

il ferro incandescente, 

fare una lettera 

s’imparentava al silenzio 

del mimo e di chi danza;

 

fu Palamede greco, allievo
di Chirone, cugino di Menelao, 

figlio di Nauplio e di Climene, 

figlia a sua volta di Catreo, 

generato dal navarca
Minosse e da Pasifae

 

a far vibrare il mondo,
con quattro nuove lettere,
Ζ zeta, Υ upsilon, Φ phi, Χ chi;

 

annotando la maestà
di una diagonale, lo zampillare 

del bivio, la profondità divisa 

e il punto d’incrocio:

zeta, upsilon, phi, chi;

 

anche Simonide di Ceo,
poeta corale, condusse
il suono a un’immagine,
ne trasse a riva altre quattro, 

Ψ psi, Ξ xi, Ω omega, Θ theta;

 

un sibilo d’incenso, il passo 

periglioso, l’onda, il cerchio 

del sole o delle mura.

Sito, foto e video a cura di Maddy Vettorello

Per chi conosceva Alessandro Zanella, tipografo ed editore, sono termini interscambiabili e reversibili. Siamo di fronte al caso fortunato di un artigiano umanista, un tecnico forbito e un intellettuale che muoveva le mani con perizia.
E questo che presentiamo è un omaggio, di cui mi piace ricordare l’etimologia, che nulla a che fare con l’idea più moderna di dono. Hommage era la cerimonia con cui il sovrano investiva qualcuno di un feudo. Era, pertanto, un patto di riconoscenza e fedeltà.

Due sentimenti che hanno a che fare con questo libro d’arte, pensato e realizzato da The Blue Print Press di Vittorio Veneto, nella persona di Janine Raedts, che è stata allieva di Zanella. Un libro solo tipografico, non illustrato, dove sono i caratteri a dire e a mostrare. Innanzitutto, quel rigore monacale del maestro, devoto al proprio tormento, nella casa stamperia dalle parti di Valeggio sul Mincio.

L’omaggio arriva, con leggero ritardo (di cui renderemo conto) nel decimo anno + uno della sua morte improvvisa su un’isola greca.
Diventa così anche un inchino alla sua passione per l’Ellade.
Inventori di lettere è stato composto a mano con caratteri Bodoni e stampato al torchio FAG su carta Laurier in venticinque copie.

Per la poesia si è rivelato fondamentale l’aiuto di Achilles Tzallas che ha scovato in magazzino e spedito i caratteri delle lettere greche, descritte nei versi.
Alcune coincidenze e dettagli sono degni di nota. Per prima cosa, il tipo di carta è stata acquistata da Ivan Pengo a Milano, dove anche Zanella si riforniva; l’inchiostro nero, fabbricato da Daniel Smith di Seattle, era un dono sempre di Zanella e risale al suo soggiorno americano, quando, nella primavera del 1977, aveva accompagnato all’Università dell’Alabama di Tuscaloosa, Richard Gabriel Rummonds per assisterlo durante un corso di stampa col torchio. Con lui, Zanella collaborerà dal 1976 al 1982, nella stamperia veronese The Plain Wrapper Press dello stesso Rummonds.

Inchiostro vivo, lento ad asciugare, tanto più nella cantina veneta di Janine, eletta a tipografia. Gli stessi aghi e fili, usati per la rilegatura, furono acquistati per e mai più usati da Zanella.
Qualcosa ancora di “serenissimo” si aggiunge col fatto che la carta è stata tagliata nella Tipoteca di Cornuda, in provincia di Treviso dove Zanella aveva messo a disposizione le proprie conoscenze.

Non da meno, le otto lettere greche, citate nel testo della poesia, invenzioni di Palamede, allievo di Chirone e di Simonide di Ceo, poeta corale, sono arrivate

d’oltremare, con tutti gli imprevisti del caso, per intercessione di un greco che si chiama Achille. Dopo qualche attesa di troppo, le lettere recuperate si sono rivelate perfette per altezza e dimensioni, inserendosi senza problemi nel resto del testo. Qualcuno evidentemente vegliava.

Infine, anche nella realizzazione della copertina si intravedono garbate connessioni. In un primo momento, l’editore aveva pensato a un’illustrazione, immaginando di utilizzare qualcosa del lavoro di Bill Moran, lettere a passeggio nel mondo degli insetti, animate e per così dire preistoriche.

Poi, leggendo e rileggendo il testo, ha deciso per una composizione di caratteri. «Mi sono convita – spiega – anche per il mio interesse nei confronti della socio- linguistica, del fatto che la mente umana di fronte a un mucchio di sole consonanti, messe sotto il naso, cerchi immediatamente si ricostruire possibili parole complete».
I caratteri a bastone di legno vengono dalla tipografia in disuso, ma perfettamente funzionante, rimessa in moto regolarmente come si fa per un vecchio, prezioso motore, di Piero Montagner, compaesano di Janine.
Abbandonato il mestiere attivo, svolto con incomparabile dedizione, quasi cieco, Pietro Montagner muove gli ingranaggi a memoria. Un altro cantore, dunque. Credo che questo progetto, arrivato con lieve ritardo alla meta sia stato, veramente, una navigazione di cabotaggio tra parole che sembrano isole, inchiostri che sanno di mare e carte sentimentali.
Detto altrimenti, un modo di condurre «il suono a un’immagine».

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